mercoledì 15 giugno 2016
lunedì 25 aprile 2016
IL FILM LA RAGAZZA CARLA A ROMA -TEATRO ARGENTINA - 5 maggio 2016 - ore 20 e 30 -INGRESSO LIBERO
La ragazza Carla
con Carla Chiarelli e Elio
dal poema di Elio Pagliarani
regia di Alberto Saibene
Giovedì 5 maggio alle ore 20,30
al Teatro Argentina,
Largo di Torre Argentina 52, Roma
un film creato intorno a un grande poema italiano, un esperimento unico nel genere
Programma della serata:
Saluto del direttore del Teatro di Roma Antonio Calbi
Al termine della proiezione Andrea Cortellessa e Emilano Morreale incontreranno il regista Alberto Saibene, la protagonista Carla Chiarelli, Cetta Petrollo Pagliarani e Lia Pagliarani.
Esiste un’anima della città? Un suo carattere, una personalità, un tratto distintivo che si riconosce nel tempo e che finisce per connotare anche i comportamenti dei suoi abitanti?
Carla è la figlia minore della vedova
Dondi, donna della più piccola borghesia che fa pantofole per
sostenere il magro bilancio famigliare.
La ragazza viene iscritta ad una scuola di formazione professionale per dattilografe. A scuola fa quello che deve fare, senza una vera passione o una convinta determinazione. In testa ha altri pensieri, altri sogni e un gran paura di buttarsi nella mischia.
Finita la scuola Carla trova lavoro presso la Transocean Limited Import Export Company, piccola ditta in piazza del Duomo. La dirige il misterioso signor Praték, che non sembra avere grandi riguardi per i suoi dipendenti e che addirittura fa delle esplicite avances alla povera Carla. La quale scappa inorridita dalla mamma per dirle che non ne vuole più sapere di quel lavoro.
Ma la madre le dice chiaramente che trovare un lavoro non è facile di questi tempi, e la figlia non può permettersi di perderlo. La storia si chiude con Carla pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro, sospesa tra rifiuto della società e apertura verso la vita.
La ragazza viene iscritta ad una scuola di formazione professionale per dattilografe. A scuola fa quello che deve fare, senza una vera passione o una convinta determinazione. In testa ha altri pensieri, altri sogni e un gran paura di buttarsi nella mischia.
Finita la scuola Carla trova lavoro presso la Transocean Limited Import Export Company, piccola ditta in piazza del Duomo. La dirige il misterioso signor Praték, che non sembra avere grandi riguardi per i suoi dipendenti e che addirittura fa delle esplicite avances alla povera Carla. La quale scappa inorridita dalla mamma per dirle che non ne vuole più sapere di quel lavoro.
Ma la madre le dice chiaramente che trovare un lavoro non è facile di questi tempi, e la figlia non può permettersi di perderlo. La storia si chiude con Carla pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro, sospesa tra rifiuto della società e apertura verso la vita.
Il film nasce dal poema di Elio Pagliarani 'La ragazza
Carla', uno dei capolavori misconosciuti della letteratura italiana del
XX secolo, ambientato nella Milano del dopoguerra e
ancora incredibilmente attuale.
L’impalcatura del film è costruita sulla recitazione dei passaggi più significativi del poema da parte dell’attrice Carla Chiarelli. Il progetto prende spunto dal suo lavoro sul testo, dopo che per anni ne ha tenuto viva la memoria proponendolo al pubblico.
Con lei Elio, sorta di redattore–psicologo di un immaginario giornale che legge la ‘piccola posta del cuore’ delle ragazze di oggi e risponde alle loro domande, spesso in modo fulminante e surreale.
I temi delle lettere sono gli stessi del poema di Pagliarani ed esprimono il disagio delle ragazze di oggi che si affacciano per la prima volta alla realtà che la città mette davanti ai loro occhi.
L’impalcatura del film è costruita sulla recitazione dei passaggi più significativi del poema da parte dell’attrice Carla Chiarelli. Il progetto prende spunto dal suo lavoro sul testo, dopo che per anni ne ha tenuto viva la memoria proponendolo al pubblico.
Con lei Elio, sorta di redattore–psicologo di un immaginario giornale che legge la ‘piccola posta del cuore’ delle ragazze di oggi e risponde alle loro domande, spesso in modo fulminante e surreale.
I temi delle lettere sono gli stessi del poema di Pagliarani ed esprimono il disagio delle ragazze di oggi che si affacciano per la prima volta alla realtà che la città mette davanti ai loro occhi.
Produzione Mir Cinematografica con Rai C
inema
In collaborazione con Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) e Fondazione Cineteca Italiana
un progetto di Luca Bigazzi, Carla Chiarelli, Carlotta Cristiani, Gianfilippo Pedote, Simone Pera, Alberto Saibenevenerdì 8 aprile 2016
venerdì 12 febbraio 2016
La contemporanea Spoon river di Cony Ray
Interno 4
o di una
contemporanea Spoon river
Chi vuole incontrare Cony Ray nel viaggio
metropolitano di Interno 4, libro volutamente ed interamente autoprodotto dall’ autore –
editore, alla ricerca di “Qualcosa di buono” che “ accada sotto
il cielo della solitudine”?
I suoi passanti ce li
elenca tutti a pagina 114 di questa sua
raccolta di esordio, Interno 4 ( Roma 2008, pp.138), sono i Maestri della sua
ricerca poetica, gli amati ispiratori della sua scrittura in uno schiacciamento
ed annullamento del tempo dove “un anno o dieci anni non sono niente” ed essi,
i Poeti Maestri, possono incontrare i marginali del vivere che Cony descrive
nelle narrazioni in versi del suo libro.
Dunque, fra gli altri,
Edgar Allan Poe, Dino Campana, Dylan Thomas, Majakovskij, Anne Sexton, Allen
Ginsberg, Biagio Propato, Blake, Bob Dylan, Jack Kerouac, Pier Paolo Pasolini,
Fabrizio De Andrè, Amelia Rosselli , Lou Reed e Bertold Brecht incontrano, per
le strade di questa contemporanea Spoon River, il poeta, il carcerato, il
transessuale, il voyeur, l’anoressica e la suicida, e tutti quanti, incontrano,
in chiusura di viaggio, il padre che educa ed indirizza, esibendo
l’ineluttabilità della morte: “ a me non piacciono le sorprese che suonano il
campanello/ di casa al mattino./ Attraverso i carboni del fuoco della tua
malattia,/ in fondo, ho imparato la lezione. / Per ogni cosa della vita,/è bene
non farsi trovare impreparati.”
L’umanità precaria che
narra la diversità, narra, a ben leggere i modi della propria quotidiana morte,
tinta di frammenti corporali ( “ e
quando nel cesso vomito il niente,/ quel niente mi ricorda la mia fragilità”; “
ora l’atto è compiuto,/ lo sperma è andato in un kleenex”), la danza è una
danza macabra ( sai come me ,/ che la tristezza,/ in qualsiasi notte di
pioggia,/ puoi schiacciarla ballando ).
La strada più che vissuta,
è osservata, come metafora del vivere. Non deve trarre in inganno il vitalismo,
quasi dannunziano, che apre e chiude Interno 4 ( “ amore quindi per la vita,
per quella che gira fuori e dentro di noi, con tutte le sue contraddizioni,
quotidiane e universali” ; “ E la poesia sotterranea è ancora Regina delle
fogne…/ Ed io dal profondo continuo a credere in quella poesia”), l’impalcatura di Cony è severamente morale e
chiusa nel recinto dell’osservazione del limite estremo, che i marginali, più
di tutti gli altri, conoscono e affrontano ogni giorno.
Per questo alla
poesia è riconosciuta la missione “politica” di tentare il cambiamento e di
scommettere sulla sua possibilità ( “ In fondo le parole nell’immagine di un
verso/ filtrano in una riflessione insospettabile/ che ha il sapore di
un’aggressione a sangue freddo” ).
Sceneggiatura
sulla nostra contemporanea umanità, canovaccio di destini dolorosi che
rimandano al nostro, Interno 4 si colloca, pienamente ed in modo del tutto
originale, nella tradizione della poesia civile
del nostro secondo Novecento.
Cetta Petrollo
Cony
Ray, Interno 4, Roma, 2008, pp.138
martedì 26 gennaio 2016
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