domenica 28 luglio 2013
Un altro Ferragosto
Un altro ferragosto
non familiare
un ferragosto
come le balle di fieno
quelle che i pittori
dipingono gialle
e seriali e lente
mentre va il treno.
E il treno potrebbe andare al Sud
un treno
con le carrozze sporche
i finestrini inchiodati
il rumore se li apri
il vellutino grigio
il prurito per via della polvere.
Il ragazzo col cesto dei panini
le lattine ghiacciate
è salito al paesino
prima del prossimo.
Il prossimo è Ferragosto
e non ci sarà
nemmeno un taxi
alla stazione.
Cetta Petrollo
Un silenzio fitto.
Un silenzio fitto di parole
come le cozze piccole
che seminano la sabbia
i gusci rotti delle telline
l’immondezza del mare
che si preme sotto pelle.
Un eco che non torna
una notte che non si apre
quello che si dice
nei fianchi
nei capelli indecenti
nelle unghie che crescono
nei peli che si ostinano
in quello che spudoratamente
in ogni minuto di fame
di respiro
avviene.
Cetta Petrollo
Il cielo è compresente.
E va bene così.
Il treno passa come sempre.
La pelle è calda per il sole
della settimana.
Il cielo è compresente
come cantava il poeta.
Io cerco la mia grazia.
La cerco negli orli a giorno
del mattino
cerco poi qualcuno
che la sciolga
come il fondo
di una granitina
al limone.
Oppure potrei sbiadire
il blu in un indaco slavato
annodarmelo sui fianchi
fino alle caviglie tese.
Potrei insomma fare
tempesta
ci fosse una corrispondenza
da una città all’altra
ci fosse una corrispondenza
di quelle che si intruppano
in un bar e riprendono poi
di notte
senza sapere l’ora.
Cetta Petrollo
venerdì 26 luglio 2013
giovedì 25 luglio 2013
Il posto sarà tutti i posti.
L’ordito è fatto di parole
che la pelle lascia
scivolare via
come il vento
da finestra a finestra
nel corridoio della casa.
Ho i sandali gialli.
Sono leggera.
Aspetto di partire.
Il posto sarà
tutti i posti.
La luna sarà
ancora rossa.
La terrazza spalancata
il crocicchio infinito.
Io sono mille ragazze
e le tradisco tutte.
Cetta Petrollo
mercoledì 24 luglio 2013
Un nome proprio.
Un nome proprio
reca un simbolo.
Da un simbolo noto
a uno ignoto.
Da luogo noto
a luogo esotico.
Non so quale territorio
sia il mio corpo
quale nome simbolico il mio.
Ma queste lettere
queste voci notturne
si muovono calde.
Immobili prima dell'alba.
La differenza la fa
il treno che parte.
Cetta Petrollo
reca un simbolo.
Da un simbolo noto
a uno ignoto.
Da luogo noto
a luogo esotico.
Non so quale territorio
sia il mio corpo
quale nome simbolico il mio.
Ma queste lettere
queste voci notturne
si muovono calde.
Immobili prima dell'alba.
La differenza la fa
il treno che parte.
Cetta Petrollo
lunedì 22 luglio 2013
Habel Nasshab, sei bello tu, Aldo Palazzeschi
Habel Nasshab, sei bello tu,
con quegli enormi calzoncioni blu!
È il fido, il solo.
Il fido custode, il solo compagno;
il solo che trova dischiusa ogni porta
davanti al suo passo
qua dentro.
Mi segue e non sento il suo passo,
siccome un pensiero cammina,
un dolce pensiero che guarda
con occhio di calma e di gioia.
Io dormo, egli veglia.
Ai piedi del letto egli veglia:
di rado egli dorme, brev'ora.
Mi guarda sereno, mi segue, mi serve.
Non cenno,
non sillaba ad Habel bisogna,
non parla,
cogli occhi soltanto mi parla,
cogli occhi gli parlo.
Io prego,
io son genuflesso a piè del mio altare:
mi guarda commosso.
Talora mi volgo:
gli scopro negli occhi bagliori lucenti.
Talora grandissime lacrime
si avanzan dagli occhi di Habel,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'oriente.
Oh! Gli occhi di Habel.
I palpiti verdi smaglianti dell'acque,
l'azzurro del cielo,
del mare profondo,
e l'arido biondo di sabbie
che dan lo sconforto,
che dicon di sguardi perduti
davanti al mistero d'ignoto infinito.
Ei pure talora s'indugia a pregare,
pregare il suo Dio,
(non ho anch'io il mio?)
Talora... Talora...
non so... ma la pace si parte dal cuore,
non so che mi prende,
non so che mi sento...
bruciare negli occhi imperiosi le lacrime...
un nodo alla gola mi serra...
la pena il cuore m'invade e mi preme,
smarrisco la luce che guida e che tiene...
e grida d'angoscia prorompon dal petto,
e grido, e grido:
"Vogl'ire!
Vogl'ire lontano!
La vo' far finita l'orribile vita.
Aprire la sudicia porta e fuggire.
Vogl'ire nel mondo, nel mezzo alla vita,
vogl'essere uomo,
amante vogl'esser, guerriero,
vogl'ire lontano a gioire,
vogl'ire lontano a morire".
Mi guarda, mi guarda,
s'avanzan dagli occhi del fido
le lacrime grandi,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'Oriente.
"No Habel, non pianger,
ritorna la calma, sta' certo,
lo sai...
rimango rimango."
E tornan le braccia
sul corpo cadenti,
ritorna lo sguardo al suo sonno:
le lacrime vedo
negli occhi di Habel rientrare... rientrare.
"Rimango rimango, sta' certo,
lo sai..."
La pena di Habel
la pace rimena al mio spirito intera.
Habel Nasshab, sei bello tu,
con quegli enormi calzoncioni blu!
Aldo Palazzeschi - Poesie
con quegli enormi calzoncioni blu!
È il fido, il solo.
Il fido custode, il solo compagno;
il solo che trova dischiusa ogni porta
davanti al suo passo
qua dentro.
Mi segue e non sento il suo passo,
siccome un pensiero cammina,
un dolce pensiero che guarda
con occhio di calma e di gioia.
Io dormo, egli veglia.
Ai piedi del letto egli veglia:
di rado egli dorme, brev'ora.
Mi guarda sereno, mi segue, mi serve.
Non cenno,
non sillaba ad Habel bisogna,
non parla,
cogli occhi soltanto mi parla,
cogli occhi gli parlo.
Io prego,
io son genuflesso a piè del mio altare:
mi guarda commosso.
Talora mi volgo:
gli scopro negli occhi bagliori lucenti.
Talora grandissime lacrime
si avanzan dagli occhi di Habel,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'oriente.
Oh! Gli occhi di Habel.
I palpiti verdi smaglianti dell'acque,
l'azzurro del cielo,
del mare profondo,
e l'arido biondo di sabbie
che dan lo sconforto,
che dicon di sguardi perduti
davanti al mistero d'ignoto infinito.
Ei pure talora s'indugia a pregare,
pregare il suo Dio,
(non ho anch'io il mio?)
Talora... Talora...
non so... ma la pace si parte dal cuore,
non so che mi prende,
non so che mi sento...
bruciare negli occhi imperiosi le lacrime...
un nodo alla gola mi serra...
la pena il cuore m'invade e mi preme,
smarrisco la luce che guida e che tiene...
e grida d'angoscia prorompon dal petto,
e grido, e grido:
"Vogl'ire!
Vogl'ire lontano!
La vo' far finita l'orribile vita.
Aprire la sudicia porta e fuggire.
Vogl'ire nel mondo, nel mezzo alla vita,
vogl'essere uomo,
amante vogl'esser, guerriero,
vogl'ire lontano a gioire,
vogl'ire lontano a morire".
Mi guarda, mi guarda,
s'avanzan dagli occhi del fido
le lacrime grandi,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'Oriente.
"No Habel, non pianger,
ritorna la calma, sta' certo,
lo sai...
rimango rimango."
E tornan le braccia
sul corpo cadenti,
ritorna lo sguardo al suo sonno:
le lacrime vedo
negli occhi di Habel rientrare... rientrare.
"Rimango rimango, sta' certo,
lo sai..."
La pena di Habel
la pace rimena al mio spirito intera.
Habel Nasshab, sei bello tu,
con quegli enormi calzoncioni blu!
Aldo Palazzeschi - Poesie
domenica 21 luglio 2013
Eppure è bello.
Eppure è bello.
Quando la tromba d’aria
ti dà la libertà di essere sveglia.
di allungare le gambe
sotto a un lenzuolo
di avere il piacere del freddo
di aspettare
che riparta il ritmo
da assecondare all’alba
come nell’amore
e nel frattempo
avere sentito cosa c’è dietro
da quale parte sia venuto
il vento intravvedere
l’occhio della tempesta.
Cetta Petrollo
Fra gli scuri delle persiane.
Fra gli scuri delle persiane
passano molti amori
Il letto ha una convinzione
che proviene
da qualche antico decennio
il cuscino circonda
la testa leggera
i papaperi non hanno profumo
come questo tranquillo pulviscolo
a mattina inoltrata.
Trovo il ritmo
che sarà il mio
è vicino come
le porte
aperte attraverso un’estate
oscillante dove la valigia
è nell’angolo,
arancia.
Si tratta dunque di accordi
ma finché non avviene
non si forma l’attesa
Il tempo non scivola tranquillo
verso probabili carezze.
Oggi l'estate ha il fresco
delle albicocche di giugno
quando si andava in chiesa col velo
la pelle sazia.
delle albicocche di giugno
quando si andava in chiesa col velo
la pelle sazia.
Cetta Petrollo
sabato 20 luglio 2013
L'anno giusto.
Questo è l’anno giusto.
Ne ho tutti i segni.
Mi sono incattivita
guardo la gente con una certa distanza
rispolverando le lezioni
di storia e i racconti
su Elisabetta e Caterina di Russia.
Ho definitivamente deciso
che non farò nessun lifting
ho persino comprato
le scarpe basse riducendo
le collane quel tanto che basta.
Questo è l’anno giusto
e penso che prenderò un aereo
per tornare a Santa Monica
e penso che prenderò una casa
nei pressi del Porto antico
o anche in alto
dove entrano le campane.
Sarà per sentire di domenica
le prediche di Farinella
e la settimana dopo
lavarmi l’anima da sola
in piazza San Pietro.
Cetta Petrollo
Tre case. Tre amori.
Oramai ho tre case tre luoghi tre amori
come ho tre mattarelli tre taglieri
tre macchinette del caffè.
Nessun luogo sa cosa faccio
in quell’altro.
La comunicazione si interrompe
quando prendo il treno.
E’ lì che accade il miracolo.
Io transito e transitando sparisco.
A tutti gli uomini che
non mi hanno voluta
dico: peggio per voi
che non sapete cos’è
una trasmigrazione
un cambiamento
un volo a bassa quota
un esercizio di stile
una sorpresa un vestito mai visto
una leggenda una favola
un vetro che sbatte
fino a che non si rompe.
Da quelli che mi hanno voluta
invece sono scappata
tranne che da uno.
Ma era uno speciale.
Tutte le mattine misurava
la giornata.
E non se ne curava.
Cetta Petrollo
Una rappresentazione dell'amore.
Una rappresentazione dell’amore.
Una rappresentazione dell’amore
si fa col cuore o forse con la mente
si fa con entrambe le cose
cercando di imbrogliare le carte
e gli attori rimangono confusi
nelle loro parti non riescono
a cambiare l’abito rapidamente
quando c’è il cambio di scena
si sono troppo calati nella parte
si sono mischiati dentro
fra verità e bugie.
Così ci sono parti che rimangono
dentro per troppi anni
troppi mesi troppi giorni.
Il suggeritore è occulto
ripete le stesse cose
a commedia finita.
Ma la scena è solo la scena.
Si può uscire dal teatro
percorrere il foyer
uscire dall’uscita secondaria.
In fondo alla piazza
cercano altri attori.
Cetta Petrollo
mercoledì 17 luglio 2013
La casa a Genova
Questa sera a piazza Lavagna
non so dove va il vento ma ti sento.
Come nell’ottobre 2011
che un vento passò
e proprio in quell’angolo
cambio la direzione e chi l’avrebbe detto
un minuto prima mi pareva
ed un minuto dopo virò la rotta
e la passeggiata fu continuata.
Così adesso c’è un folletto
che mi tira per i capelli
e un altro per la coda
sei abbastanza romantico
per dirmi ciò che valgo
senza convinzione
così non c’è troppo da credere
se non forse in un letto
senza troppe pretese
e sei pieno di donne che non guasta
con eleganza le racconti tutte.
Ti avverto che ho una gonna balorda
che metto quando mi pare
che sposai un poeta
che era grande
il che non depone certo
a mio favore
quanto a giudizio
e consuetudine
che m’innamoro rapida
e poi ci metto tanto
a smemorarmi
che abito infine in una piazza
dove insistono gli aurighi dell’amore
e che qui fra le puttane
di vico Maddalena
compererò casa
così se vieni a
Genova
ti potrò ospitare.
Cetta Petrollo
martedì 16 luglio 2013
Vecchiaia 5. L’uomo di potere.
Vecchiaia 5. L’uomo di potere.
L’uomo di potere
non si rassegna.
E’ irruente ancora
si cura la glicemia
venuta quando era bulimico
per l’ansia di raggiungere
tutto ha gli occhi
in conflitto col mondo.
Non si intende di niente
tranne che di potere
ma il potere gli sfugge.
Sta lasciando molto di sé
altrettante bulimie
inquietudini in mogli amanti
figli nipoti compagne
sudditi falsi amici.
Nel giardinetto a
spiaggia
in città in paese
col giornale aperto
che non legge.
Cetta Petrollo
Vecchiaia 2. La Lia.
Vecchiaia 2.
La Lia.
La Lia invece conservava tutto
lo spago delle paste
Il bottone scucito
l’elastico ripiegato
la carta per pacchi
le buste del pane.
Ci vollero tre mesi
a sgombrare gli armadi
la cosa affondava radici
nell’Ottocento
con le ricette delle zie monache
le foto ingiallite
dell’Arenella gli
orecchini
spaiati
le fedi dei nonni
sopravvissute
le batterie da cucina in rame
alluminio inox
i cerchietti le creme
i vestiti i soprabiti le borse.
La libreria in fila unica.
Le enciclopedie a dispense.
Ci vollero tre mesi.
Anche l’argento era tanto
tanto anche l’oro
ma avevano la dignità
del piatto sbrecciato conservato.
Di buon accordo si divisero
le cose e le ricette.
A me pelle e tenacia.
Cetta Petrollo
Vecchiaia 4. Il vecchio del piano di sopra.
Vecchiaia 4
Il vecchio del piano di sopra.
Il vecchio del piano di sopra
il piano di sopra al mare
non so come si chiama.
Non esce di casa
sta su una sedia a rotelle
e dal balcone
sacramenta tutti
multa le auto in sosta
chiama la polizia
invidia le ragazze.
Non c’è amore che basti
nemmeno la figlia.
Anni fa sono andata
che era morta la moglie
senza testa ma lui rideva
contento di essere
ancora al mondo.
Cetta Petrollo
Vecchiaia 3 La Pasquina.
Vecchiaia 3
La Pasquina
La Pasquina non faceva che aprire.
Teneva la chiave nella toppa
dall’esterno
e la porta socchiusa
i vetri aperti
le ante spalancate
sicché i primi albanesi
che venivano al mare
per campare
si arrampicavano sulle grondaie
ma non la derubavano
che le sue grida
arrivavano a spiaggia.
Ma una volta il vicino
entrò e rubò tutto
cioè le cose della nuora
pasticciona che giudicava
saggio lasciare le porte
aperte invece il figlio dormiva
di pomeriggio del sonno
dei poeti un sonno pieno
di fiducia nel mondo.
Poi è venuta a Roma
lasciando tutto spalancato.
La nuora è tornata là
E si è salvata qualcosa.
Cetta Petrollo
Vecchiaia 1 . La Lina.
Vecchiaia 1
La Lina
La Lina cedeva pezzi della sua casa
ognuno che andava
portava via qualcosa
un quadro una borsetta
un libro un crocefisso
una pentola un coperchio
un santino un’imbottita
una coperta marrone
di quelle della guerra
una cintura un bracciale
un orecchino.
La Lina era rimasta
con la rete e il materasso
la madonna di ceramica
quattro piatti una tenda
per decenza, una badante
per fortuna, una saponetta
e lo shampoo nel bagno.
I libri portati via dagli amici.
Ma non era per soldi
che ciò accadeva
era per consunzione.
Non come quel tale mi sovviene
che era indebitato e lasciò
tutto alla biblioteca
ma quando andammo l’amministratore
per far fronte ai debiti
aveva venduto tutto.
Cetta Petrollo
Dici perché enumeri tutte queste impoetiche cose?
Un sipario che cambia
non è detto che sia
più bello più brutto
solo cambia
ma non tutti lo vedono
rimangono fermi
nella quinta di prima
non assecondano
il cambio di scena
allo specchio
con applausi insolenti
non contano
le insofferenze le polveri
le minuzie le stasi le virgole
le emorroidi le anche le caviglie
le ginocchia i disequilibri.
Dici perché enumeri
tutte queste impoetiche cose?
Perché lo fai con unghiate di parole
non richieste, indecenti?
Perché enumeri gli angoli
gli intruppamenti le intolleranze
le birre non digerite
i panini i fritti le mancate erezioni
gli orgasmi episodici
perché dunque enumeri
tutto ciò che accade non accade
come una batteria di cucina
accatastata in fondo all’armadio
ammaccata bruciata
perché vuoi liberare le cantine del cuore?
Perché con esatta scienza passi
da un corpo incosciente
ad un corpo cosciente
ragionando sugli artifici
sui tranelli dello spirito
che ancora crede alle luminescenze?
Ma dunque non vedi di profilo
la carne fuori dalle mutande
l’intelletto fuori dal cuore
il cuore fuori dalla vita?
E ancora qualcuno tira l’acqua
al suo mulino
per illuderti con un canto
fatto solo per alcuni
un coro serale che rotola verso
una valle non tua
la tua essendo indietro
troppo indietro molto indietro.
E già tutta bruciata.
Il segreto per un’eventuale salvezza
ricordare Loth.
E non voltarsi.
Cetta Petrollo
Kabbalah
C’è qualcosa di esagerato
nella vecchiaia
se è come gli acini
di vite selvatica
che non maturano mai
non si disfano in bocca
se si scontrano gli occhi
luminosi troppo
con la pelle cadente.
C’è qualcosa di vergognoso
nella vecchiaia
qualcosa che nessuno canta
per non misurarsi fino in fondo
fino in fondo raccogliere
la pattumiera della vita
(sarebbe come cantare
l’acidità del cuore
la pelle sottile
gli spigoli i tornaconti
il grasso che fatica
a sciogliersi.
Nessuna bibbia può spiegare questo.
I grandi vecchi sono come quei fiori
di roccia che non nascono sempre
(ogni mattina mi stringevi le mani
mi chiedevi: mi sposi?) .
Il parto di Sara non
si ripete
La kabbalah non si manifesta.
La statua è di sale.
Cetta Petrollo
lunedì 15 luglio 2013
BUGE E LA POESIA
Perché organizzare eventi di
poesia? Ed è importante e utile organizzarli? Chi può dire se una poesia vada
ascoltata e letta e un’altra no? Chi può dire se una poesia sia necessitata? Un
testo abbia la forza per sopravvivere al suo autore? Non sono in grado di
rispondere a queste domande e tuttavia ho qualche certezza: che le biblioteche
e l’amministrazione dei Beni culturali abbiano il dovere – e ciò è scritto
anche nella loro missione istituzionale-
di proteggere e far circolare e vivere le cosiddette risorse intangibili
e la poesia lo è, lavoro senza committenza che va ben al di là del testo
scritto e pubblicato, che nessuno può essere giudice di ciò che è e non è
poesia essendo la poesia come tutte le arti un fatto contestualizzato e
contestualizzabile e i generi della stessa essendo moltissimi.
Possiamo solo osservare a margine
quanto già diceva Leopardi: il discrimine dovrebbe essere l’accrescimento di
vitalità.
Dunque noi di BUGE ci stiamo provando e non pretendiamo di fare bene: facciamo e dunque siamo soggetti a
critiche. Solo l’abulia non si presta a
critiche.
Certo autori come quelli che
abbiamo letto e ricordato finora : Caproni, Sbarbaro, Montale, Sanguineti, Porta, Balestrini, Pagliarani fino ai contemporanei viventi, ne cito solo alcuni, Conte, Cucchi,
Galluccio, Berisso, Gentiluomo, Frixione, Ercolani, Sitta, Frisa, Fusco, Riviello, Ostuni,
Calandrone , Lecomte, sono presenti nelle storie della letteratura e nelle più
importanti antologie. Che si sbaglino proprio tutti? In ogni caso è preferibile
sbagliare per eccesso – come chi trova sempre belli i libri che recensisce ad
essi aderendo – piuttosto che per difetto, come chi per innata acrimonia o per motivi
del tutto personali si diverte a deprezzare il lavoro svolto da tante persone
il cui senso è quello di, ancora una volta, sottolineare che l’economia di una
società non è solo quella finanziaria.
Infine non tutti hanno il tempo e
la fortuna di potere passare le loro ore a leggere – i libri costano e il
lavoro domestico e pubblico consuma molte energie – ma tutti hanno forse due
ore libere per potere ascoltare versi e prose. Meglio se all’aperto. Meglio se
d’estate.
E comunque Genova –Voci è già al
suo secondo anno ed è passata attraverso i luoghi culturalmente più importanti
di questa meravigliosa e vitale città.
Con i migliori auguri di BUGE
Cetta Petrollo
venerdì 12 luglio 2013
Arthur Rimbaud, Il Battello ebbro.
Poiché
discendevo i Fiumi impassibili,
mi sentii non più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti.
Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese
Quándo coi miei bardotti finirono i clamori
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo.
Nei furiosi sciabordii delle maree
l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo,
ho corso! E le Penisole salpate
non subirono mai caos così trionfanti.
La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!
Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone.
E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdiazzurri dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;
dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!
Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
e le risacche e le correnti: conosco la sera
e l'Alba esaltata come uno stormo di colombe,
e talvolta ho visto ciò che l'uomo crede di vedere!
Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori, illuminare lunghi filamenti di viola,
che parevano attori in antichi drammi,
i flutti scroscianti in lontananza i loro tremiti di persiane!
Ho sognato la verde notte dalle nevi abbagliate,
bacio che sale lento agli occhi dei mari,
la circolazione di linfe inaudite,
e il giallo risveglio e blu dei fosfori cantori!
mi sentii non più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti.
Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese
Quándo coi miei bardotti finirono i clamori
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo.
Nei furiosi sciabordii delle maree
l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo,
ho corso! E le Penisole salpate
non subirono mai caos così trionfanti.
La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!
Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone.
E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdiazzurri dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;
dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!
Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
e le risacche e le correnti: conosco la sera
e l'Alba esaltata come uno stormo di colombe,
e talvolta ho visto ciò che l'uomo crede di vedere!
Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori, illuminare lunghi filamenti di viola,
che parevano attori in antichi drammi,
i flutti scroscianti in lontananza i loro tremiti di persiane!
Ho sognato la verde notte dalle nevi abbagliate,
bacio che sale lento agli occhi dei mari,
la circolazione di linfe inaudite,
e il giallo risveglio e blu dei fosfori cantori!
Ho visto
fermentare enormi stagni, reti
dove marcisce tra i giunchi un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
e in lontananza, cateratte verso il baratro!
Ghiacciai, soli d'argento, flutti di madreperla, cieli di brace!
E orrende secche al fondo di golfi bruni
dove serpi giganti divorati da cimici
cadono, da alberi tortuosi, con neri profumi! [...]
Quasi fossi un'isola, sballottando sui miei bordi litigi
e sterco d'uccelli, urlatori dagli occhi biondi.
E vogavo, attraverso i miei fragili legami
gli annegati scendevano controcorrente a dormire!
Io, perduto battello sotto i capelli delle anse
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui né Monitori né velieri Anseatici
avrebbero potuto mai ripescare l'ebbra carcassa d'acqua
libero, fumante, cinto di brume violette.
o che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porta, squisita confettura per buoni poeti,
i licheni del soie e i moccoli d'azzurro;
io che correvo, macchiato da lunule elettriche,
legno folle, scortato da neri ippocampi,
quando luglio faceva crollare a frustate'
i cieli oltremarini dai vortici infuocati;
io che tremavo udendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Behemots e i densi Maelstroms,
filando eterno tra le blu immobilità,
io rimpiango l'Europa dai balconi antichi! Ho veduto siderali arcipelaghi! ed isole
i cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esìli, milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?
Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro:
l'acre amore m'ha gonfiato di stordenti torpori.
Oh, che esploda la mia chiglia! Che io vada a infrangermi nel mare!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di tristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio.
Non ne posso più, bagnato dai vostri languori, o onde,
di filare nella scia dei portatori di cotone,
né di fendere l'orgoglio di bandiere e fuochi,
e di nuotare sotto gli orrendi occhi dei pontoni.
dove marcisce tra i giunchi un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
e in lontananza, cateratte verso il baratro!
Ghiacciai, soli d'argento, flutti di madreperla, cieli di brace!
E orrende secche al fondo di golfi bruni
dove serpi giganti divorati da cimici
cadono, da alberi tortuosi, con neri profumi! [...]
Quasi fossi un'isola, sballottando sui miei bordi litigi
e sterco d'uccelli, urlatori dagli occhi biondi.
E vogavo, attraverso i miei fragili legami
gli annegati scendevano controcorrente a dormire!
Io, perduto battello sotto i capelli delle anse
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui né Monitori né velieri Anseatici
avrebbero potuto mai ripescare l'ebbra carcassa d'acqua
libero, fumante, cinto di brume violette.
o che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porta, squisita confettura per buoni poeti,
i licheni del soie e i moccoli d'azzurro;
io che correvo, macchiato da lunule elettriche,
legno folle, scortato da neri ippocampi,
quando luglio faceva crollare a frustate'
i cieli oltremarini dai vortici infuocati;
io che tremavo udendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Behemots e i densi Maelstroms,
filando eterno tra le blu immobilità,
io rimpiango l'Europa dai balconi antichi! Ho veduto siderali arcipelaghi! ed isole
i cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esìli, milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?
Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro:
l'acre amore m'ha gonfiato di stordenti torpori.
Oh, che esploda la mia chiglia! Che io vada a infrangermi nel mare!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di tristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio.
Non ne posso più, bagnato dai vostri languori, o onde,
di filare nella scia dei portatori di cotone,
né di fendere l'orgoglio di bandiere e fuochi,
e di nuotare sotto gli orrendi occhi dei pontoni.
Arthur Rimbaud, Il Battello ebbro.
mercoledì 10 luglio 2013
domenica 7 luglio 2013
Guido Catalano
Allora avrei dovuto conoscere il Guido Catalano dal vivo nel marzo del 2012 dopo avere letto il suo Ti amo ma posso spiegarti, regalo di mia figlia in un Natale 2011 assai particolare, tutto di un fiato. Oggi per un altro caso curioso ci conosciamo in un posto sulle colline riminesi e lo ascolto. E lui non è solo divertente. Ma è bravo, proprio bravo, e se i poeti italiani non soffrissero di lagno e di spocchia lo dovrebbero cercare ed invitare molto di più. Quanti guai da Petrarca in poi. Parlare d'amore così come fa lui non è da tutti. Bravissimo Guido Catalano !
Shiatsu
A metà degli anni duemila soffrivo di emicranie fortissime e avevo bisogno di un cambiamento ma non lo sapevo. Giacché è la vita a farsi sempre avanti un giorno una parente pazza, il pazzo detto come termine positivo, assolutamente positivo, mi disse di andare in un posto sul Corso d'Augusto, in Rimini, al centro di Rimini, per farmi fare un massaggio Shiatsu.
Non sapevo nemmeno cosa fosse lo Shiatsu e, a dire il vero, non lo so nemmeno ora. Fatto sta che il posto era altro, bello, ventoso, non c'erano rumori e il tizio dopo avermi intervistata si mosse intorno al mio corpo premendo in vari punti. Di questo primo Shiatsu ricordo solo il materasso bianco, le pareti a calce, il vento , il tipo scalzo. Però mi era piaciuto, sicché a Roma presi accordi col suo Maestro che puntuale si presentava a casa ogni settimana e sotto gli occhi meravigliati del Paglia ripeteva lo stesso rito. Ora non so se il maestro fosse più bravo dell'allievo, o io più concentrata e disponibile, o il tempo più adatto - avvertimento al primo massaggio: " guardi che dopo si possono avere varie reazioni, c'è chi vomita tutta la notte, chi piange, chi dorme profondamente" , io mi addormentai profondamente - insomma gradualmente il mal di testa allontò le sue apparizioni e, quando poi arrivava non era maligno e crudele, era unba nuvola sopra di me e non mi possedeva.
Non solo, ma di questo fui consapevole solo anni dopo, iniziai ad essere diversa, ricominciai a scrivere, troncai cose che andavano troncate, adoperai le cesoie per potare rami secchi, tutto questo avvenne lentamente ed impercettibilmente e, via via, sempre più furiosamente fino alla fine del decennio.
L'onda dello Shiatsu.
La chiamo così.
E forse non sarà stato lo Shiatsu. Forse altro, però l'onda arrivò.
E dunque? E dunque penso che tornerò allo Shiatsu perché quando l'onda si ferma, subito, in arrivo ce ne deve essere un'altra e il campo magnetico che le attira, queste onde, è pur sempre costituito dalle nostre persone.
La palude è mortifera.
Cetta Petrollo
Non sapevo nemmeno cosa fosse lo Shiatsu e, a dire il vero, non lo so nemmeno ora. Fatto sta che il posto era altro, bello, ventoso, non c'erano rumori e il tizio dopo avermi intervistata si mosse intorno al mio corpo premendo in vari punti. Di questo primo Shiatsu ricordo solo il materasso bianco, le pareti a calce, il vento , il tipo scalzo. Però mi era piaciuto, sicché a Roma presi accordi col suo Maestro che puntuale si presentava a casa ogni settimana e sotto gli occhi meravigliati del Paglia ripeteva lo stesso rito. Ora non so se il maestro fosse più bravo dell'allievo, o io più concentrata e disponibile, o il tempo più adatto - avvertimento al primo massaggio: " guardi che dopo si possono avere varie reazioni, c'è chi vomita tutta la notte, chi piange, chi dorme profondamente" , io mi addormentai profondamente - insomma gradualmente il mal di testa allontò le sue apparizioni e, quando poi arrivava non era maligno e crudele, era unba nuvola sopra di me e non mi possedeva.
Non solo, ma di questo fui consapevole solo anni dopo, iniziai ad essere diversa, ricominciai a scrivere, troncai cose che andavano troncate, adoperai le cesoie per potare rami secchi, tutto questo avvenne lentamente ed impercettibilmente e, via via, sempre più furiosamente fino alla fine del decennio.
L'onda dello Shiatsu.
La chiamo così.
E forse non sarà stato lo Shiatsu. Forse altro, però l'onda arrivò.
E dunque? E dunque penso che tornerò allo Shiatsu perché quando l'onda si ferma, subito, in arrivo ce ne deve essere un'altra e il campo magnetico che le attira, queste onde, è pur sempre costituito dalle nostre persone.
La palude è mortifera.
Cetta Petrollo
sabato 6 luglio 2013
Dialoghetto fra due poeti ( la lei sono io)
[lui]
oh Cetta amatissima Maria Concetta cara
per intento prosodico in amorosa gara
dico se noi volessimo far cosa bella e rara
potremmo un dialoghetto incominciare
con rima e bacio qui da ricambiare
per intento prosodico in amorosa gara
dico se noi volessimo far cosa bella e rara
potremmo un dialoghetto incominciare
con rima e bacio qui da ricambiare
[lei]
Ed il bacio ricambio
con la rima
che non so se di
metrica mi intendo
in conversar d’amor non
fui la prima
e distendo per pause
mio fraseggio
e per scherzo ti lancio
il dialoghetto
poiché noi siamo identici perdona i miei casini
così come distendersi son soliti i bambini
vorrei con forza d’ordine senza argini e confini
fra crolli di Rosaria col mio crollo
a te incollare le mie braccia al collo
così come distendersi son soliti i bambini
vorrei con forza d’ordine senza argini e confini
fra crolli di Rosaria col mio crollo
a te incollare le mie braccia al collo
[lei]
mi par aver compreso il
ritmo che tu detti
per fiumi
iridescenti verso di me protetti
così ti manifesto i
miei giochi perfetti
sul mio collo tenendo
la Ragazza
che continua e continua
e non dirazza
[lui]
in rete tua mi abbindoli per fatti tuoi perfetti
al sesso tuo mi abbevero coi versi che hai concetti
e finalmente accelero miei detti e miei non detti
se giuochi con saggezza a far la pazza
mie labbra inchino chine alla tua tazza
al sesso tuo mi abbevero coi versi che hai concetti
e finalmente accelero miei detti e miei non detti
se giuochi con saggezza a far la pazza
mie labbra inchino chine alla tua tazza
alla mia tazza il latte non finisce
delle mandorle è il succo
che stupisce
affatturo pozione che
lenisce
e trascina per calma
tua irruenza
e per sesso ti gioco
con pazienza.
[lui]
se mi calma non mi agita tu che tutto lenisce
col tuo latte nell’animo il mio male finisce
mi piace ciò che mi indichi allorché mi stupisce
piace e ripiace se non ti dispiace
piacer piacevole che sempre piace
col tuo latte nell’animo il mio male finisce
mi piace ciò che mi indichi allorché mi stupisce
piace e ripiace se non ti dispiace
piacer piacevole che sempre piace
[lei]
piacer piacevole che sempre piace
di liscia pelle a navigar l’estate
di liscia pelle per carezze amate
respira il verso in profumato mare
da questo ritmo non mi so slegare
oh chissà se travalico qui nel dire minchiate
né saprei col mio gruzzolo atteggiarmi da vate
forse sembra vandalico il mio ritmo d’estate
a Cesenatico tuffato in mare
ogni tua goccia vorrei zuccherare
né saprei col mio gruzzolo atteggiarmi da vate
forse sembra vandalico il mio ritmo d’estate
a Cesenatico tuffato in mare
ogni tua goccia vorrei zuccherare
no, non travalichi mio dolce vate
qui a Cesenatico per passeggiate
rendo a Moretti rime
baciate
ed al tuo zucchero mi offro tutta
per lenti versi
succhiata frutta
martedì 2 luglio 2013
Estiva
Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell'albe senza rumore -
ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d'oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell'ordine che procede
qualche cadenza dell'indugio eterno.
Vincenzo Cardarelli
lunedì 1 luglio 2013
Da Dialoghetto
Però quest'anno al mare/ alcuni rumeni/ sono albicocche acerbe/ si fanno le vacanze come gli altri/
gioia del risponderti/ sulla battigia/ danzando stellata
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continuando a sperare a pensare/ come se/ in certe strade/
dire desolazione/ scorre e riscorre la ruota/ la scia delle derrate /
sugli asfalti/ non è più tempo di natura/ ma sì di questa desolata natura
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Scrivi col t minuscolo/ minuscolo è il granello/ che ferma l'ingranaggio/
così non si distrugge/ il già detto il già fatto/ che non vediamo
così non si distrugge/ il già detto il già fatto/ che non vediamo
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più arde al telefono il suono/ in lontananza cuciniamo gli umori/ e si allontana l'acqua della voce/ e poi ritorna/ e sbatte liberando farfalle
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Una vita passata che urge/ dire parola di sangue/ di
sperma non basta/ la carne si addormenta/ la svegliano le voci/
Potenti di parole/ polmone che s’apre/ fino alla fine/
Il dio si riposa
sperma non basta/ la carne si addormenta/ la svegliano le voci/
Potenti di parole/ polmone che s’apre/ fino alla fine/
Il dio si riposa
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