E’ molto difficile orientarsi nel panorama politico italiano: personalità appartenenti storicamente e culturalmente agli ambienti della destra dicono cose di “sinistra”, personalità storicamente e culturalmente appartenenti agli ambienti della sinistra operano e amministrano con scelte che potrebbero essere condivise anche da amministratori di “destra”.
Dunque bisognerebbe far chiarezza e cercare di individuare qualche, possibile, linea di confine, qualche variante imprescindibile superata la quale si è orientati o di qua o di là, chiarezza necessaria se non al voto- quante variabili incidono poi sul voto e lo sappiamo bene quando si candida l’amico della porta accanto o la persona cui dobbiamo qualcosa- sicuramente alla propria onestà intellettuale.
Determinanti a stabilire un confine sono, a mio giudizio, le decisioni sulla spesa pubblica, sulla gestione delle risorse.
Mi sembra valido e inconfutabile il concetto che quando con le risorse di tutti si agisce e si operano migliorie per pochi si è evidentemente in una politica di destra e quando con le risorse di pochi – quelli che più possono, i ricchi, i benestanti si sarebbe detto una volta- si agisce e si operano migliorie per tutti siamo, forse, in una politica di sinistra.
Se ad un prato ben tenuto di una villa privata concorriamo tutti, con le leggi, i permessi, le tasse e gli sgravi fiscali, ecco questa è una scelta di destra, se un parco pubblico riapre con le risorse di una giusta tassazione, ecco questa è una scelta di sinistra.
Non è detto poi che siano proprio gli uomini dei partiti di sinistra ad operare scelte di sinistra né che siano proprio gli uomini dei partiti di destra ad operare scelte di destra ma la linea di confine ci può aiutare ad individuare, al di là dei nomi e delle appartenenze, il vero colore politico delle azioni di cui tutti, quotidianamente, subiamo le conseguenze.
La politica di sinistra poi è apparentemente sciupona.
Essa investe sulle risorse intangibili. Investe, cioè su quelle che possono sembrare pure perdite nel presente, la coltivazione delle menti, la prosecuzione della memoria e della ricerca, infine la non rozza conservazione della propria identità, identità non solo artistica, culturale, storica e di ingegno ma anche paesaggistica – come ebbe a dire recentemente Antonio Paolucci – in una disseminazione territoriale su cui si è fondata la costruzione del Paese Italia e che da senso e significato alla nostra collocazione nel mondo.
La politica di sinistra dunque sciupa per il futuro e dunque non sciupa. Essa avverte che in un’economia globale nella quale noi siamo comparse di poco conto non potendo contare né su risorse finanziarie, né su materie prime, né su una forza lavoro competitiva, possiamo contare sul valore aggiunto della nostra preziosa tradizione, sulla cultura sedimentata della nostra storia e ci possiamo contare non solo per rilanciare circuiti turistici mappati da ristoranti, vinerie e alberghi ma per esportare il nostro patrimonio di idee nel mondo – e non solo come co.co.co. a progetto.
La politica di sinistra sciupa per tentare di garantire una soglia accettabile di salute e di benessere a tutti perché un popolo più sano mette da parte per il futuro e nel futuro continua a sperare.
Ripeto non è detto che questa politica sia agita da uomini dei partiti di sinistra, né che riguardi l’intero territorio nazionale: oramai le regioni perseguono scelte del tutto autonome nelle più importanti materie costituzionali e così può capitare che una regione garantisca farmaci e dieta gratuita per i glicemici e i neuropatici e un’altra no, che in una siano attivi corsi professionali e in un’altra no, che in una anche il più piccolo centro storico sia mantenuto e in un’altra si assista a vergognosi e drammatici abbandoni come le cronache dei giornali mostrano tutti i giorni.
E non si dica che in momenti di crisi le scelte di spesa sono inevitabilmente univoche.
Cosa spendere e per chi spendere, anche in ristrettezze economiche, resta una scelta politica: si tratta di decidere, infatti, per chi e su cosa investire.
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